mercoledì 26 giugno 2013

Un DRONE all'attacco!

Ci ho pensato e ripensato.
Non so davvero se scrivere questo post, perché a tutti gli effetti ha dell'incredibile.
Io stesso, con tutto che tendo a dar per vero certe situazioni, sino a prova contraria, 
se leggessi questo racconto in un altro Blog, forse dubiterei fortemente della 
veridicità del racconto.
O perlomeno penserei che l'autore sia sì in buona fede, ma che abbia preso 
lucciole per lanterne.

Comunque sia, ecco ciò che è successo la scorsa domenica.

Ero in montagna, a soli cento chilometri da Roma, in Abruzzo per la precisione.
Le scalate, o le 'semplici' passeggiate di alta montagna, è un'altra delle mie 
grandi passioni.
Non riesco a farne a meno, ed ultimamente, per non affrontare la montagna 
sempre da solo, mi aggrego a dei gruppi organizzati.
Il pro è il non stare da solo, e quindi in situazione di emergenza, avere chi ti aiuta; 
i contro son che bisogna stare al passo di chi proprio allenato non è, e poi il tanto chiacchericcio, che io non amo troppo, soprattutto in montagna.

Ed era per questi due ultimi motivi, che nonostante le tre guide accompagnatrici, 
io ero il capo-fila di un gruppetto abbastanza numeroso.

Stavamo già in forte ritardo, a causa della sosta bar troppo prolungata, quando 
appunto prendendo il bastone del comando imponevo giocoforza un ritmo 
accelerato alla camminata, sin dall'inizio.
Forse animato da sottile perfidia di vedere all'opera la Selezione Naturale tanto 
teorizzata da Charles Darwin, nostro collega cercatore, fingevo di non udire 
i primi gridolini disperati di richiesta d'aiuto dei fumatori, e dei troppo pingui.

Ma un grido più acuto misto a sorpresa, mi fece voltare all'istante verso un 
mini-gruppo di cinque, subito dietro di me.
Guardavano tutti verso l'alto, ma non alto nell'alto dei cieli, bensì alto verso 
l'orizzonte, quasi verso poco più delle loro teste.
Il gruppetto terrorizzato, sembrava sfaldarsi come quando un gregge di pecore 
viene attaccato da un lupo solitario fiducioso delle proprie forze e consapevole 
della propria ferocia.

Dopo un piccolo istante di smarrimento, riuscii a capire il motivo di tanto caos:
un enorme insetto, grande quanto un nibbio, svolazzava minaccioso sulle teste 
dei poveri disgraziati già affaticati dal repentino guizzare verso le cime.
L'insetto sembrava prendere le misure dei poveretti per poi con calma 
fare sfacelo dei loro corpi.

Io più che spaventato, ero sorpreso, e poi molto curioso.
Preso un sasso dall'approssimativo peso di un chilo, lo gettavo con forza verso 
l'infame rappresentante degli entomi.
Non lo colpivo, ed anzi, il sasso rotolando giù per il pendio, rischiava di colpire le fila
dei rimanenti disgraziati che ancora ansimavano verso una meta per loro irraggiungibile.

La libellula gigante, così mi era parsa in un secondo momento, dopo aver 
evitato il mio proietto, sembrava dirigersi con audacia verso di me, come a volermi 
punire per l'affronto subito.
Ma invece di attaccarmi e nel caso pungermi oppure staccarmi parte delle mie carni 
per saziare il suo animalesco appetito, sembrava osservarmi come quando si guarda 
un francobollo sotto la lente d'ingrandimento.

Ed è proprio in questo esatto momento, cioè nel momento in cui l'insetto si 
sofferma a mezz'aria a pochi decimetri dalla mia spalla sinistra, che scorgo bene 
cosa sia per davvero: un DRONE!!!

In questa foto qui sotto, il DRONE-INSETTO (sulla dx in alto) è appena sfuggito 
ad un mio primo lancio di una grossa pietra, e si prepara ad attaccare di nuovo.



Uno di quei piccoli droni che tutti noi abbiamo visto in qualche film americano.
Un drone somigliante nelle fattezze ad un enorme insetto, con tanto di ali battenti.

Grande la sorpresa.
E fortunatamente, nello stesso istante in cui mi rendevo conto di cosa veramente si trattava, un altro escursionista, facente parte del piccolo gruppo d'avanguardia, 
riusciva anch'egli a comprendere.
Nello stupore più totale informavamo i presenti che un drone molto curioso ci stava 
con il fiato sul collo.

Nessuno riusciva a crederci, finché l'infernale coso, ancora una volta, non decideva, comandato da una forza a noi aliena, di fermarsi a mezz'aria, come a voler mostrare 
tutta la sua audacia.

Il drone, ad una più attenta osservazione, era di color crema chiaro; 
le ali imitavano quelle di una libellula, e parevano essere due per ogni lato.
Il movimento era a scatti, ma riusciva comunque a librarsi nell'aria con una tale 
facilità, che  non credo abbia uguali fra i suoi simili.

Qui sotto nella foto, il drone è sulla sx., continua a sorvolarci impertterito.



Istintivamente mi mettevo alla ricerca nei paraggi, per scovare l'operatore del drone.
Pensavo si potesse trovare vicino, e magari interrogarlo sul perché di quell'attacco.
Chiedergli le sue intenzioni.
Alla bisogna mi ero pure munito di un grosso bastone nodoso per poter 
essere più convincente.
Ma nessuna traccia di esseri umani nelle vicinanze.
E nonostante continuassimo a rendere la vita difficile al coso diabolico ed indiscreto, 
esso continuava ad importunarci per tutto il nostro tragitto, scomparendo solo 
per brevi periodi.

Tante le foto fatte, ma nessuna che sia riuscita a focalizzarlo in tutta la sua interezza.
Anzi, le mie migliori lasciano spazio a diverse interpretazioni.
In una sembra addirittura un UFO.

In questa foto, il drone, che sta verso dx sopra le creste, sembra quasi un UFO.
Ma è sempre lui che ci segue.



Ma che ci si possa credere o no, vi assicuro che si trattava di un drone, penso 
di nuovissima generazione.
E che noi escursionisti siamo stati usati come cavie.

Il luogo si presta a questo genere di prove: massimo isolamento, ma allo stesso tempo grande visuale di insieme.
E magari il fatto di disturbarci deve essere stata una decisione dell'ultimo momento, 
non prevista, così, giusto per testare le potenzialità di questo aggeggio.

La scalata di varie vette si è susseguita per l'intera giornata, e la fatica ci ha fatto dimenticare spesso dell'inopportuno drone.
O forse era solo l'abitudine, oramai.

Ma appena sembrava essere stato solo una allucinazione collettiva, ecco che 
rispuntava dal nulla il piccolo drone.
Sempre più agguerrito e sempre più insolente.
Neanche le nostre macchinette fotografiche, ed i nostri cellulari, puntati su di lui 
come a svelarne al mondo la sua identità, riuscivano a farlo desistere.
Il drone-insetto continuava imperterrito nella sua opera vigilatrice e disturbatrice, 
senza tentennamenti.

Cosa esattamente volesse da noi, mai lo sapremo.
Credo che il test di prova sia la teoria più giusta.
Al volger della giornata, ci avvicinavamo sempre di più sulla via del ritorno.
Ora una vasta pianura sembrava aver spaventato il drone, che per ore, e chissà con quale diabolica energia, ci aveva seguito lungo il percorso più impegnativo.

Il calar della sera ci trovava in prossimità delle nostre auto, e troppo stanchi per elucubrare su questo curioso accadimento, rimandavamo ad altro giorno i nostri interrogativi.

Alla prossima.


© 2013 by "Dino Conta".












venerdì 21 giugno 2013

Oggetti perduti in mare: che fine fanno?

Che fine facciano gli oggetti perduti, a giudicare dalle numerose mail ricevute, 
sembra proprio un argomento che appassiona molti.
E non solo cercatori con il metal-detector.
Ho ricevuto e-mail anche da studiosi, da universitari, da tantissimi insomma.

Riprendendolo questo discorso, rammento ancora una volta che le mie sono solo 
teorie, passibili di smentita.
O meglio: ognuno potrebbe avere ragione, ma naturalmente, visto che le espongo 
le mie idee, credo di essere nel giusto.

Charles Darwin stesso è stato da me "smentito", se così posso dire.
E parlo di un personaggio che ammiro moltissimo.
Ma evidentemente le sue erano solo speculazioni quasi filosofiche, visto che di buchette nel terreno ne deve aver fatte davvero pochine nella sua onorata vita.

Nei precedenti post ho parlato di lombrichi e di formiche, dimenticando anche il lavoro 
svolto dalle talpe.
Ma anche in questo caso, credo si tratti di un contributo all'infossamento dell'oggetto, molto poco importante.
Anzi, le talpe, come gli istrici e altri animali che scavano tunnel sotto terra, per poi 
riportare la terra in superficie, possono agevolare la risalita degli oggetti perduti.

Risalita, che se non avviene nulla di 'animalesco', prima o poi si avrà, poiché il terreno tende a restituire gli oggetti, a 'sputarli' come fossero corpi estranei.
Visto che la terra è composta da tantissimi, milioni, di micro-organismi, che trattano l'oggetto come un intruso invasore e lo scacciano verso l'alto.
In una cacciata che dura anni ed anni, naturalmente.
Ma tendente verso l'alto, e non verso il basso.

L'oggetto, inoltre, una volta caduto sul terreno, e se non rimane fermo stabile dove esattamente è caduto, come spesso avviene, può sì scendere verso il basso, ma 
poi risale perché trova strati duri, magari a tre metri, e gli organismi a questo punto lo rigettano, come dicevo poc'anzi.

Insomma, si potrebbe dire tranquillamente che nulla è perduto!
Ed infatti è proprio così.

Girando pagina e recandoci al mare, notiamo che la stessa cosa avviene in acqua.
Anche in questo caso l'oggetto in acqua prima o poi va verso riva, o risale dal fondo.
Ma meno che in terra, molto meno.

In mare giocano altri fattori, ma stranamente non così tanto influenti come 
possiamo pensare.
Inoltre, la differenza fra mare e terra, nella ricerca, la fa il fatto che in mare è difficile andarci, e sono pochi i frequentatori, quindi pochi gli oggetti ritrovati, rispetto alla 
terra vera e propria.
Gli oggetti che risentono molto del fattore mare, sono quelli che hanno una certa galleggiabilità, e dimensioni  non piccole.
Allora, in questo caso, essi si possono fare crociere di due o tre continenti, prima 
che si spiaggino.
Ma a noi interessano oggetti piccoli e pesanti per loro natura.
Cioè gioielli ed Euro.
Questi rimangono 'a disposizione' per i cercatori per decenni.
E la cosa dovrebbe meravigliarci, perché questo capita anche in mari turbolenti 
che magari spesso sono teatro di tempeste tempestose.
Per esempio i mari tropicali.



Anche nei mari tropicali si può ritrovare un oggetto perduto 20 anni prima, quasi nello stesso punto, o comunque nel tratto di battigia prospiciente.
Eppure onde alte anche 5 metri si sono susseguite per anni, bufere, etc.
Il doblone perso nel naufragio del galeone che si trova a cento metri dalla riva, a soli 
10 metri di profondità, dovrebbe farsi un viaggetto, in teoria.
Il tempo ed i modi non gli sono mancati.
Ed invece, ed alla faccia di tutti quelli che credono che il mare faccia sfaceli, il doblone 
se ne sta fermo lì da secoli, fino a che una mareggiata, e magari la più stupida, lo 
cattura e lo riesce a capovolgere, iniziandone così il rotolamento sino alla riva.
Il rotolamento...questo sconosciuto.

Molti oggetti vengono restituiti grazie al rotolamento.
Cioè, il mare riesce ad agganciare un oggetto che oramai si è creato una sua dimensione nella sabbia, e resiste alla corrente, lo prende e lo capovolge, ed una volta girato per lui, l'oggetto, è il ritorno nel mondo dei vivi.

Sotto già due metri d'acqua, un oggetto trova una sua collocazione da cui è davvero 
molto difficile spostarlo.
Molti oggetti, di primo acchito, non vi riescono, e finiscono subito a riva.
La maggior parte, andando inesorabilmente giù, si crea una nicchia che li tiene al riparo 
da correnti, onde, ed altro.

Se non fosse così, come mai gli archeo-sub ritrovano praticamente tutto ancora nei paraggi dei relitti?
In teoria, se come dicono tutti, il mare restituisce, dovrebbero trovarsi a riva gli oggetti, magari solo dopo poche settimane.
Ed invece questo avviene solo per i pochi oggetti che per loro conformazione prestano 
il fianco al moto ondoso subacqueo.
O per la loro galleggiabilità. 
Gli esempi sono migliaia e si tratta di navi antiche, moderne, e di navi a piccole come 
a grandi profondità.
Il famoso Titanic, aveva le tazzine di ceramica ancora nello stesso esatto posto in cui si erano posate un secolo prima, quando sono state riprese da Ballard per la prima volta.
Eppure, le correnti non mancavano di certo.

Quindi, credo si dia troppa enfasi alla forza del mare, il quale evidentemente è stato 
creato dal nostro Signore, in maniera tale che non strappi ogni volta la vita marina dal fondo e la scaraventi a riva.
Altrimenti ad ogni mareggiata sarebbe un massacro.
E proprio per questa particolare peculiarità del mare, di non strappare come falco tutto ciò che si trova nel fondo, ne giovano, per così dire, anche gli oggetti perduti, che se ne rimangono ben belli lì, zitti zitti.

Ravanando con la Super-Drenella  mi rendo conto ancor di più che è proprio così.
Gli oggetti scaraventati dal mare verso riva, sono gli oggetti 'deboli'.
Gusci di telline, ma quasi mai telline piene.
Idem per le altre conchiglie.
E questo vale per le cose.
I chiodi resistono pochino in acqua.
Ma è la loro conformazione che li rende deboli.
Rotolano via alla prima mareggiata seria, e comunque molti di loro resistono anche 
tre anni in mare, grazie alle buche marine.

Le monete perse da qualche anno si stabilizzano a buoni 20 centimetri di profondità.
Lo posso dire con quasi certezza sempre grazie alla Super-Drenella, che oltre a farmi trovare ciò che i metal-detector non trovano, mi aiuta a capire i meccanismi di cui parliamo oggi.

Gli Euro caduti in acqua da poco tempo, se interviene una mareggiata entro un mese, ritornano proprio tutti a riva, altrimenti si infossano.
Ma una volta infossati non significa che ci rimangano per sempre.
No, basta una mareggiata più forte e si comincia a raccogliere.
Ma anche qui dipende dal tratto di mare, se vi sono scogli, se il fondo è roccioso, etc.

I fattori sono così tanti, che sto sinceramente pensando che questo mio discorso 
sia davvero solo speculazione filosofica.
In fondo potrei benissimo dire: gli oggetti solo in parte, diciamo il 30% tornano a riva; 
del restante 70 che rimangono ancorati, il 65% non verrà mai più ritrovato.
Ed anche del 30 tornato a riva, solo il 10% verrà ritrovato.
Per un totale, quindi, di solo 15% sul 100 persi in mare.
Che non è poco.
Ecco, punto.

Dovrei, e potrei, parlarvi dei fondi sabbiosi, melmosi, con presenza di vermi d'acqua, 
di quelli con forte presenza di tracine, etc..
Ma girereste canale per la noia.

Magari alla prossima parlerò delle buche in mare: veri forzieri d'oro!
E dell'andamento degli oggetti persi in sabbia asciutta, nell'arenile.
Però mi sa tanto che quasi quasi mi converrebbe farlo a fine stagione.......

Alla Prossima.


© 2013 by "Dino Conta".


martedì 18 giugno 2013

IL CERCATORE SULLA VIA DELLA PERFEZIONE.

Leggendo vari post sul forum dei cercatori con il metal-detector, mi sembra che 
troppo spesso si dia un potere eccessivo allo strumento.
Anzi, il metal-detector viene idolatrato.
Non in generale, e non specificatamente solo uno.
Ma questo o quello che qualche cercatore ritiene sia il migliore, facendone oggetto di scontro da campo di battaglia in una guerra fra EGO, i quali cadendo a pioggia pure 
sui lettori attoniti, o divertiti, di molte discussioni, finiscono per impantanare  
gli animi meglio predisposti sulla filosofia di vita che è il cercare.

L'idolatria del metal-detector ricorda molto ciò che il giocattolo è per un bambino.
Ed accalorarsi su quale sia il migliore, rende ancora più fuorviante e lontana la 
vera meta di un cercatore, che è quella di cercare, con qualsiasi mezzo.

Cercare è il punto, ed il CERCATORE l'interprete principale.
Altrimenti sei un bimbo che dà troppo potere a qualcosa di inanimato.
Come, appunto, fanno quando giocano con i soldatini, ed un pezzo di plastica di 
4 centimetri diventa il Generale Custer pronto ad immolarsi.

Dare forza e potere a qualcosa che per sua natura non ne ha e né potrà mai averne, 
ti rende vulnerabile.
E forse, oppure sicuramente, lo fai anche apposta a renderti vulnerabile.

Il metal-detector, sempre secondo il cercatore che gli dà questo potere, ha le 
"magiche" capacità di farti trovare ciò che cerchi.
Ma quando questo non succede, e il non-succedere succede spesso, per contro 
lo colpevolizzi al posto tuo.
Quindi, non sei tu che non sei riuscito a trovare l'oro in spiaggia, ma lo strumento 
che questa volta non ha funzionato come doveva, e che quindi ti ha tradito.
O addirittura vai oltre: il metal, pur essendo usato da centinaia di persone con successo, non vale una cippa, e forse -e qui diventi da cura psichiatrica- quello strumento in particolare è stato tarato male dalla fabbrica, mentre il tuo amico, che ha lo stesso modello, è stato più fortunato di te, perché ha il metal in ordine e allora lui sì che 
di oro ne trova!

E' ora di crescere bimbo!
Il tuo giocattolo, se continui così, prenderà sempre più forza e finirai per attribuirgli 
un carattere e dei pensieri propri, e la realtà sarà sempre più lontana.

Creare l'idolo, o credere fermamente nel tuo giocattolo, forse ti farà stare meglio, 
più al riparo dagli insuccessi che inevitabilmente avrai nella tua carriera di cercatore.
Ma col ripetersi degli insuccessi, avrai la spiacevole sensazione di essere stato tradito 
dal tuo giocattolo che tanto idolatri.

Ed allora, con chi te la prenderai?
Non credi ci sia un'alternativa a questo?

In primis, e come dicevo prima, il mezzo non è il cercatore.

Cresci cazzarola, e concentrati su cosa sei tu, e non sul metal-detector che userai.
Il cercatore rimane tale anche con la calamita, con la Super-Drenella (qui in questo 
caso è permessa un poco di idolatria..), con il bastoncino biforcuto in nocciolo, 
e naturalmente con il metal-detector.

Mi sembra che l'obiettivo sia ora più chiaro: uscire dal mondo delle illusioni, 
e diventare adulti.
Per assurdo, ma neanche tanto, un vero cercatore, potrebbe anche cercare con il 
metal spento, e di fatto non rendersi ridicolo poiché egli sta in effetti cercando.
In quanto il metal non ha potere, ma egli sì, e sta continuando a cercare.
Per contro, un metal acceso, ma senza il cercatore che lo utilizzi, non compie 
l'opera a noi tanto cara.
Quindi, o cercatore, chi ha davvero il potere e la forza, tu o il metal?

Ed allora, io cercatore spaventato dal sordido destino, e dall'insuccesso che inevitabilmente prima o poi capiterà, che cosa posso fare per non soffrire?

Questa domanda se la faranno in molti.
Già sai che sei tu il cercatore, e non il mezzo che usi, e che è bambinesco e 
sicuramente controproducente dotare di poteri cose 'aliene'.
Ora dovrai imparare che non sei solo.
Che tu lo voglia o no, il Dio dei Cercatori ti è sempre accanto.
E Dio non ti ha messo al mondo, nell'Universo, per farti soffrire, per non avere ciò 
a cui aspiri.
Se la tua aspirazione è buona, e non nuoce a niente e a nessuno, se non in contrasto 
con le leggi divine, tu la otterrai.

Non c'è scarsità per chi ha accanto a sè il Dio dei Cercatori.
Il cercatore sente molto il senso del divino, anche i cosiddetti atei lo sentono.
Essi sono nostri fratelli e non vanno quindi giudicati, sono solo arrabbiati perché Dio 
non gli si manifesta quando ne hanno davvero bisogno.
Magari dimenticando, che come in tutte le cose, ci vuole esercizio.

Il Dio unico, che tu potrai chiamare con un altro modo, ma la sostanza non cambia, 
è in noi.
Ci vuole comunque esercizio e dedizione per azzerare il nostro ego, per ricordare che siamo Spirito all'interno di un involucro.
E quindi per averLo più vicino.

L'esercizio è delle volte anche essere messi alla prova, in quanto cercatori.
Gioisci dei successi altrui, non invidiarli.
Quei successi altrui un giorno saranno tuoi moltiplicati per mille.
Perché per il figlio del Dio dei Cercatori -e ricordalo sempre- non c'è scarsità.
L'oro, metallo degli Dei, è lì che ti aspetta, o cercatore.
E ce n'è tanto per ognuno di noi.
Ti si chiede solo di avere volontà nell'esercizio della dedizione in Colui che ci guida.

Potrai così cercare in battigia solo mettendo le dita nella sabbia e tirandole sù, trovare infilati numerosi anelli d'oro.
Potrai solo vedere con i tuoi propri occhi, senza l'ausilio di nessun mezzo, dove 
la catena d'oro è caduta nel terreno e così recuperarla nella gloria del Dio dei Cercatori.
Perché tu sei Suo figlio, se lo capisci.
Come lo siamo tutti.
Anche chi non vorrebbe lo è.
Questa è la Verità che in effetti vai cercando, ed è questa che devi trovare, o cercatore.

Noi cercatori non è che siamo speciali, perché essere speciali ci porrebbe nella 
condizione -indesiderata- di essere diversi da tutti gli altri.
E non è così.
Siamo però più consapevoli di altri.
E non abbiamo quindi molte scuse.

Sbarazzati dei false credenze che ti sono servite sinora solo per sentirti più al sicuro.
Perché sicuro non eri, eri solo illuso!
E da illuso, se cadi, il botto è grande.

I bambini credono ai giocattoli, e creano delle regole illusorie per gli stessi giocattoli.
Non credere ad essi, ma alleati a Dio.
Le tue illusioni e le tue false credenze ti daranno solo dolore, quando non avverrà ciò 
in cui speravi.

Dio è con noi.
Se questo ti fa forse sorridere, ne hai da strada da percorrere.
Ma già se ti ho insinuato il dubbio che in effetti possa esserlo, bambino, 
sarà comunque un gran successo.

Magari un'altra volta continuerò questo discorso, non poi così tanto complicato 
come si potrebbe credere.
Perché la Verità, a volte, ha bisogno di poche parole.

Alla prossima.

© 2013 by "Dino Conta".






giovedì 13 giugno 2013

Darwin ed i lombrichi -seconda puntata-

Riprendo il discorso sui lombrichi.
O meglio, su che fine fanno gli oggetti una volta caduti nel terreno, o in mare.
Consiglio quindi di leggere, se già non lo avete fatto, il precedente post di qualche 
giorno fa, riguardo questo argomento.
Altrimenti non si segue il filo del discorso.

Darwin, e non solo lui, ritiene che il lombrichi si trovino in ogni terreno, e che essi siano 
i responsabili dello sprofondare di oggetti, e non solo oggetti, ma addirittura di intere città!
Peccato però che i lombrichi, come tutti gli esseri viventi su questa Terra, non occupino 
ogni terreno, ma anzi colonizzano solo alcuni terreni, scegliendoli con criteri 
evidentemente consoni a loro.

Un buon osservatore, e noi cercatori siamo buoni osservatori, avrà di certo notato 
che non sempre i lombrichi compaiono quando andiamo a bucherellare il terreno.
Questi vermi, infatti, scelgono una terra grassa, ma che abbia anche altre peculiarità, 
che magari ora non sto qui ad elencare per filo e per segno.
Se ci fate caso, possiamo trovarli in una zona del terreno, magari in quantità enormi, 
e subito nelle zone limitrofe, in un terreno secco, o troppo esposto al sole, non 
ne compaiono per niente.

Il sole, come avete immaginato, non è amico dei lombrichi.
Bastano a volte pochi minuti di esposizione al sole per farli diventare secchi stecchiti.
E quindi evitano i posti troppo assolati, la terra troppo acida. 
I terreni con pendenze esagerate, ove la forza dell'acqua potrebbe trascinarli via.
Tutte queste cose i lombrichi le sanno, ed infatti vivono in colonie che potremmo immaginarle come contenute in un grosso vaso, con confini a noi invisibili.
Ma che esistono, come esistono per le formiche, per esempio.
Anche loro, sempre se fate caso a queste cose, colonizzano solo alcuni terreni, 
trascurando altri che apparentemente potrebbero essere ricchi, dal loro punto di vista.
E sempre per motivi di opportunità, di sopravvivenza.

Ho parlato delle formiche non a caso.
Darwin parlava di lombrichi, di come essi facciano sprofondare una moneta per metri.
Diceva che le rovine di antiche città si trovavano interrate grazie alla loro opera 
instancante di digestione ed evacuazione del terreno.
E stranamente dimentica delle formiche, che se vogliamo fanno opera di sbancamento 
del terreno ancora maggiore dei lombrichi.

Bene, dopo aver visto che questi animaletti non vivono proprio in tutti i terreni, 
come comunemente si crede, abbiamo anche già capito, ed è questo il succo del mio discorso, che essi non possono essere assolutamente i responsabili dell'interramento 
di nessunissimo oggetto.
E ancor di più, di nessuna città, o di nessuna costruzione civile.
Insomma, gli ingegneri possono stare tranquilli, perlomeno sotto questo aspetto.
La prova?
Il ritrovamento di alcuni oggetti persi per esempio cento anni fa.
Le famose "Spighe" (monete) vengono ritrovate anche ad un solo centimetro nei parchi cittadini,
esattamente dove sono cadute illo tempore.
Un solo centimetro di terra le ricopre, e delle volte anche meno.
Eppure si tratta di terra con lombrichi, e spesso anche delle colonie di
formiche nelle vicinanze.
Ma non vi sono trattori, nessuna opera dell'uomo.
Ed è questo che veramente incide sull'interramento degli oggetti e delle costruzioni:
l'opera dell'uomo e i fattori climatici.

O se proprio vogliamo pensare a qualche essere vivente che non sia l'uomo, dobbiamo pensare a grossi mammiferi, i bovini fra tutti.

Molti archeologi parlano di ritrovamenti di oggetti 'recenti', cioè massimo cento anni, 
nello stesso strato di oggetti magari antichi Romani.
E quindi, grazie alla teoria dell'autorevole Darwin, incolpano i lombrichi di questa 
confusione di strati.
Ma come fanno a pensare una cosa del genere?
Come dicevo prima, dove l'essere umano non è più intervenuto in quel dato terreno, 
gli oggetti si trovano esattamente nello stessissimo posto di quando sono stati persi. 
Basterebbe appunto notare questo, e prendere come esempio i parchi cittadini.

Gli studiosi incolpano i vermi, dimenticando una cosa fondamentale: gli esseri umani
utilizzano gli stessi posti per secoli, o per millenni.
Un terreno ove anticamente vi era una costruzione Romana, e quindi sicuramente in posizione eccellente, visto che i Romani sceglievano di costruire solo nelle 
posizioni migliori, questo terreno, dicevo, è stato riutilizzato poi da altri popoli, 
in altri secoli, e così via a seguire.
Ed è questo che fa sprofondare gli oggetti persi da 'poco' negli strati più antichi.
Cioè, e per esempio, il taglio in verticale di un terreno, magari per la costruzione di 
nuove strutture.
Questo taglio, anche semplice, provoca il rovesciamento degli oggetti persi di recente 
verso gli strati inferiori.
Magari con l'aiutino degli agenti atmosferici, una volta che smossi dall'uomo non hanno più quel consolidamento che avevano raggiunto col terreno.

Insomma, c'è un gran fraintendimento.
Si pensa siano degli innocenti vermetti a far sprofondare intere antiche città, mentre 
il massimo che possono fare è arare un pochettino intorno agli ostacoli, che possono 
essere colonne, o grandi sassi.
In questo caso sì, i lombrichi si incaponiscono intorno a grandi ostacoli, poiché non 
avendo la visione in generale delle cose, e del terreno, vanno avanti come treni impazziti 
su quello che considerano il proprio territorio di caccia.
Ma anche in questo caso, nulla di così importante sotto l'aspetto dell'interramento.

Chi per davvero influisce in maniera importante allo sprofondare delle cose perdute nel terreno, sono gli eventi atmosferici, e le loro conseguenze, come per esempio gli smottamenti del terreno dovuti a grandi piogge, e poi gli esseri umani, con interventi nel corso dei secoli sullo stesso territorio.

O ancora la gravità.
Cioè, una devozionale perduta da un pellegrino mentre saliva una collinetta per seguire 
la Via Crucis del paese, questa devozionale se è caduta in una zona molto scoscesa,
prima o poi la ritroveremo a valle.
Sempre però con l'aiutino delle intemperie, o delle gelate che rompono il terreno.
O cadrà a valle perché la capra la calpesta e la fa rotolare giù.

Ma non dobbiamo pensare ai lombrichi, e neanche alle formiche, peraltro ignorate 
da tutti gli studiosi.

Per avere ulteriori riprove, basterebbe lasciare un oggetto in un terreno ricco di lombrichi, e vedere che dopo 20 anni, l'oggetto in questione sta ancora esattamente lì.
E parlo di oggetti come un'ogiva della Seconda Guerra Mondiale, quindi con una struttura che ne faciliterebbe ancora di più l'interramento, visto che sono dei piccoli razzi 
in miniatura, pronti a viaggiare verso il centro della Terra, come nel 
romanzo di Jules Verne.
Eppure, guarda caso, pure queste ogive dopo 60 e passa anni, stanno ancora 
esattamente lì, proprio in mezzo ai lombrichi che altro non fanno che mangiare terra 
ed evacuarla.
Senza però influire sull'oggetto in questione!

Spero di essere stato abbastanza chiaro, anche se mi rendo conto che con 
la mia smania di dire molte cose in poco tempo, finisco delle volte 
per parlare di troppi concetti importanti tutti insieme.

La prossima volta parlerò degli oggetti perduti in mare, che è poi quello che mi 
interessa più da vicino.
E penso a molti di voi.

Alla prossima.

© 2013 by "Dino Conta".